Fire in the Sky
Fire in the Sky – Se indaghiamo la crisi solo in termini di variabili economiche (occupazione o disoccupazione, inflazione o deflazione, credito e investimenti, salari e lavoro, ecc.), probabilmente non saremo in grado di identificare l’intera gamma delle attuali dinamiche socio-economiche.
La crisi economica non è, infatti, un evento straordinario. Da un lato corrisponde al ciclo classico e al ruolo del capitale fittizio, come analizzato da Marx nel terzo volume del Capitale. Da questo punto di vista, una soluzione alla crisi sarebbe l’auspicio di un’adeguata distruzione del capitale fittizio (Borsa e, più in generale, del cosiddetto capitale finanziario, frutto dell’inflazione e delle bolle speculative) e delle capitale immobilizzato (mezzi di produzione). In questo modo il ciclo inizierà una nuova fase di crescita, basata su un intensificato sfruttamento del lavoro.
Questo è ciò che imprenditori ed economisti, attaccando il costo della forza lavoro, vogliono accelerare. Ma questa analisi non considera il problema principale mostrato dalla crisi. Dagli anni ’70 il sistema capitalista non ha una struttura efficiente per regolare i rapporti internazionali: in mancanza di una sovranità mondiale, il mercato mondiale deve essere disciplinato da una gerarchia di nazioni che decida i mezzi di pagamento e le regole dei flussi internazionali di valore.
Gli USA hanno goduto di un lungo ciclo di dominio economico (a partire dagli anni ’40)e politico (a partire dagli anni ’50). Negli ultimi 35 anni, la debolezza strutturale del capitalismo americano non è mai stata messa in discussione, né da altri capitalisti, né da forze esterne. Per questo ha saputo prolungare una lenta agonia, sorretta da un’egemonia militare e da squilibri commerciali senza precedenti. La possibilità di ricostruire il capitalismo – cioè di una nuova egemonia e gerarchia internazionale – si scontra con enormi difficoltà geopolitiche.
Europa, Giappone, Russia e Cina potrebbero eventualmente sostituire gli USA dal punto di vista tecnico. In questo contesto, c’è una crescente possibilità di un collasso dell’ordine internazionale. Per fare ciò sono necessarie soggettività rivoluzionarie che rimandino le opzioni economiche ad una centralità politica, come mezzo di democrazia partecipativa. Quindi una pianificazione in grado di superare i limiti dell’accumulazione capitalistica è più complessa di quanto hanno fatto finora i paesi socialisti, promuovendo la partecipazione sociale e il progresso tecnico.
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🇬🇧 If we only research the crisis in terms of economic variables (employment or unemployment, inflation or deflation, credit and investments, wages and work, etc.), we shall not probably be able to identify the whole range of the current socio-economic dynamics.
The economic crisis is not, in fact, an extraordinary event. On the one hand, it corresponds to the classical cycle and to the role of fictitious capital, as analysed by Marx in the third volume of Capital.From this point of view, a solution to the crisis, would be the hope of an adequate destruction of fictitious capital (stock exchange and, more generally, the so-called financial capital, which is the result of inflation and speculative bubbles) and of immobilized capital (means of production). This way the cycle will begin a new growth phase, based on an intensified exploitation of labor.
This is what entrepreneurs and economists, attacking the cost of workforce, want to speed up.But this analysis does not consider the main problem shown by the crisis. Since the ’70s, the capitalist system does not have an efficient structure to regulate international relations: lacking a world sovereignty, the world market must be disciplined by a hierarchy of nations that decides the means of payment and the rules of the international flows of value.
The USA have enjoyed a long cycle of economic (since the ’40s) and political (since the ’50s) domination. In the last 35 years, the structural weakness of American capitalism has never been challenged, either by other capitalists, or by external forces. This is why it has been able to prolong a slow agony, supported by a military hegemony and by unprecedented commercial unbalances.The chance of reconstructing capitalism – namely, of a new hegemony and international hierarchy – is confronted by huge geopolitical difficulties.
Europe, Japan, Russia and China could eventually replace the USA from a technical point of view.In this context, there is a growing chance of a collapse of the international order.In order to do so, revolutionary subjectivities are necessary to postpone the economic options to a political centrality, as a mean of participative democracy. Hence a planning able to overcome the capitalist accumulation limits is more complex than what socialist countries have been doing to date, by promoting social participation, and technical progress.